L’emozione di un incontro
03. luglio 2018
Azione - «Vorrei parlare dell’emozione che provoca l’incontro con l’orso e il piacere che si prova sapendo che questo plantigrado si trova nelle nostre zone di caccia»: parla bene e razzola male Marco Croze, cacciatore e collaboratore della rivista bimestrale «Wilde» nel cui numero di maggio – giugno ha voluto raccontare (e raccontarci) quello che davvero può capitare nell’animo dell’essere umano se e quando dovesse trovarsi al cospetto di un orso in carne, pelo e ossa. Eventualità che un giorno potrebbe realizzarsi anche nel nostro canton Ticino, come abbiamo riportato nell’articolo precedente (Un orso rossoblù, «Azione 25»). Per questo l’esperienza di Croze ci ha intrigato assai.
Dicevamo che parla bene (e questo lo vedremo presto) e, da cacciatore, razzola male perché non troveremo scene di orsi presi a fucilate, anzi, ci sorprenderà! «Molti anni fa sono andato all’orso in Croazia, ma proprio a causa dell’emozione sono riuscito ad esibirmi in una madornale padella». Che tradotto significa più o meno: Croze si è così emozionato nel vederne uno che non ha pensato nemmeno per un momento di fare quello per cui era lì, cioè sparare. Egli racconta di non essere nuovo a trasferte in Slovenia: «Sono andato nella zona di Kocevje, nella riserva Medved, dove «medie» in lingua slava, significa orso». Dice che essere cosciente di cacciare nel paese degli orsi nulla ha tolto alla sua emozione quella volta che si trovò per davvero a tu per tu con il primo.
E spiega come è successo questo incontro così emozionante da restare ben limpido nel suo cuore: «Stavo avviandomi a un’altana quando vidi a una ventina di metri di distanza, tra alcuni bassi cespugli a fianco del sentiero, un grosso ammasso di pelo bruno: non si vedeva la testa e io non capivo cosa fosse…». Quando il suo accompagnatore pronunciò la parola «medved!», Croze capì di essere per davvero dinanzi a un orso: «Era un’orsa di un centinaio di chili che poi rivedemmo dall’altana mentre perlustrava cespuglio dopo cespuglio alla ricerca di piccoli di cervo». Egli descrive come «divertente» il vedere l’orsa adottare la stessa tecnica che adottano le volpi per catturare i topi: «Faceva un balzo verso l’alto e piombava sul cespuglio con le zampe anteriori». In quell’occasione non vide andare a buon fine la ricerca dell’orsa perché probabilmente le cerve avevano nascosto a dovere i loro piccoli. E il suo racconto non finisce qui, perché nei giorni seguenti dice di aver incontrato parecchi altri esemplari: «Ma l’incontro di un grosso maschio che mi guardava con calma prima di girare il grosso testone e allontanarsi con dignità è stato qualcosa di ancor più emozionante e indescrivibile».
A proposito della natura schiva dell’orso, egli conferma ciò che la nostra esperta Joanna Schönenberger ci ha più volte ripetuto: «In quasi quindici anni di frequenza in quella Riserva, non ho mai avuto dimostrazione di aggressività, tranne forse con una grossa femmina accompagnata da tre piccoli». La madre degli orsetti, per difenderli, digrignò i denti verso l’auto in cui si trovava Croze: «Solo per farci ben capire che la nostra presenza non era gradita». Un’altra interessante informazione che egli ci dà attraverso la sua esperienza riguarda i danni che l’orso potrebbe arrecare ai nostri animali domestici: «Probabilmente dovuto all’abbondanza di ungulati in quella zona, mai o quasi mai l’orso ha provocato danni agli animali domestici, tanto che può capitare di vederlo pascolare tranquillo in mezzo a una mandria di vacche».
Un aneddoto su questi orsi «diligenti» e per niente «gradassi» ci è subito servito: «Una volta vidi da un’altana un giovane plantigrado che, venuto a cibarsi del mais sparso per i cinghiali, se la diede a gambe all’arrivo di una piccola scrofa con i suoi tre piccoli, e venne a rifugiarsi proprio sotto la scala della nostra altana». Inevitabile, a questo punto, il paragone con la regione veneta dalla quale egli proviene, in quanto la Slovenia ha una superficie di poco superiore al Veneto e in quell’area vivono dai sei ai settecento esemplari di orsi: «Però tutte le voci concordano nell’affermare che per l’ambiente questa presenza è assolutamente un valore aggiunto». …e se lo dice un cacciatore, che pure rincara: «Sono tutti concordi che l’orso vada comunque gestito e che eventuali abbattimenti debbano riguardare quelli problematici (ndr: i famosi «gradassi» o «problem bear»)». Di fatto, in Slovenia il bosco è frequentato parecchio: «Oltre che naturalmente da numerosi boscaioli, anche da tantissimi turisti a piedi e in bicicletta che oltretutto dormono in tenda, da cercatori di funghi e via dicendo».
Eppure Croze ci tiene a dire che gli incidenti sono davvero pochissimi e sono anni che non se ne verificano: «Probabilmente gli orsi sanno quando è meglio stare per conto proprio». Ancora una volta egli conferma quanto raccontano anche i nostri esperti: «Perché succeda l’irreparabile bisogna proprio andarsela a cercare, oltre che essere dotati di una buona dose di sfortuna». L’esempio classico è quello di un soggetto che se ne va in giro per il bosco con il proprio cane senza tenerlo al guinzaglio come dovrebbe: «Il cane si allontana e si imbatte in un’orsa con i piccoli (ndr: un maschio se ne andrebbe sdegnato, dice), comincia ad abbaiare, l’orsa percepisce il pericolo e mentre i piccoli si rifugiano sotto gli alberi, insegue il cane che naturalmente si rifugia dal padrone, con le prevedibili conseguenze».
Uno scenario che ci permette di comprendere, ancora una volta, che la consapevolezza umana della presenza dell’orso dovrebbe implicare la conoscenza di una serie di regole di convivenza che mettano al riparo da qualsiasi brutta esperienza: «Anche con un’eventuale presenza dell’orso penso si possa tranquillamente continuare a frequentare i boschi, forse con un po’ di prudenza e di responsabilità in più, rendendosi conto che un bosco non è un parco cittadino e, con una corretta gestione, si potrà garantire all’orso stesso una buona sopravvivenza senza polemiche», conclude Marco Croze.