I nostri laghi: una risorsa importante

13. novembre 2017

Ambienti da salvaguardare, ma anche opportunità di svago e una forte attrattiva turistica

Azione.ch - di Loris Fedele - Vi ricordate gli anni Settanta e Ottanta, quando ci dissero che il Ceresio e in generale i nostri laghi erano molto malati? Imparammo a conoscere parole come eutrofizzazione, ci parlarono di carichi di fosforo e di azoto pericolosi per la vita del lago. Cosa era successo? In sostanza le attività dell’uomo scaricavano nelle acque del lago sostanze che ne alteravano lo stato, inducendo per esempio una crescita eccessiva delle alghe o impedendo alle acque di ossigenarsi a dovere. 

Nell’area insubrica le acque di falda e di lago sono risorse particolarmente importanti: entrambe – come si è ricordato in una recente conferenza pubblica alla Supsi – sono riserve strategiche per l’approvvigionamento idrico. In particolare i laghi, oltre a essere ecosistemi importanti, sono anche una opportunità di svago e una forte attrattiva turistica. 

Il nostro territorio è fortemente caratterizzato dai laghi, ragion per cui bisogna assolutamente proteggere e garantire la loro qualità. A livello normativo da noi si cominciò a parlare di acque fin dal lontano 1875, con una prima legge sulla pesca. Molto più tardi, nel 1955, scattò la protezione delle acque dall’inquinamento. Dal 1991 esiste l’art. 76 della Costituzione federale svizzera che sancisce la protezione delle acque e a cui fa riferimento, sempre dal 1991, la legge attualmente in vigore sulla protezione integrata delle acque LPAc. Dal 1998 un’Ordinanza federale fissa gli obiettivi ecologici e le esigenze relative alla qualità delle acque. 

Nel nostro cantone l’Ufficio della protezione delle acque e dell’approvvigionamento idrico (Upaai) nasce il 1° luglio 2014 dalla fusione di due uffici che già operavano fattivamente a favore delle nostre acque: accorpamento voluto per assicurare una gestione qualitativa delle acque il più integrata possibile. Nel complesso e variegato mondo di oggi, infatti, si impone che ci sia una visione d’insieme dell’intero ciclo dell’acqua, dell’approvvigionamento e dello smaltimento, passando per la protezione. 

Come detto in passato i nostri laghi presentavano una pericolosa eutrofizzazione, cioè una condizione di ricchezza eccessiva di sostanze nutritive, in particolare una sovrabbondanza di fosfati e nitrati. Come conseguenza si denunciava un’eccessiva proliferazione delle alghe microscopiche oppure gelatinose che, aumentando l’attività batterica, facevano diminuire l’ossigeno disciolto nell’acqua, minacciando anche alcune specie ittiche. Inoltre l’acqua diveniva più torbida e spesso maleodorante, con pregiudizio per la balneazione. Per contrastare l’eutrofizzazione si intervenne con gli impianti per la depurazione degli scarichi domestici e industriali, con la riduzione dell’impiego di fertilizzanti in agricoltura e di detersivi ricchi di fosforo, con il trattamento delle acque di scolo tramite agenti vari.

Qual è lo stato attuale? Risponde Fabio Lepori, dell’Istituto scienze della Terra della Supsi che, con altri, su mandato dell’Amministrazione cantonale, si occupa anche del monitoraggio del lago di Lugano: «Ci sono stati grossi miglioramenti: il programma di risanamento del lago sta funzionando relativamente bene, ci sono storie di successo. I carichi di fosforo in entrata al lago sono diminuiti e sono ormai quasi compatibili con gli obiettivi del risanamento ritenuti critici. Anche le concentrazioni di fosforo nel lago sono in linea con gli obiettivi che ci eravamo prefissati. Rimangono però alcuni indicatori dello stato trofico del lago che sembrano non seguire il miglioramento che c’è a livello di concentrazioni di fosforo. In particolare diminuisce il fosforo ma non cala la produzione di alghe e l’ossigenazione delle acque profonde rimane insufficiente. Non sono ben ossigenate nel bacino nord e addirittura ipossiche, cioè con concentrazioni di ossigeno molto scarse, nel bacino sud».

Il bacino nord del lago Ceresio è quello che va dal ponte-diga di Melide a Porlezza ed è molto profondo (288 m). Però l’apporto dei fiumi è limitato rispetto al volume da riempire e ciò porta come conseguenza che le acque del lago si rimescolino in tempi lunghi. Le acque risultano ferme e stratificate (fenomeno della meromissi) oltre i cento metri di profondità. Nel bacino sud, quello tra Capolago e Agno, decisamente meno profondo, le cose vanno peggio e già a partire dai 25 metri di profondità l’ossigeno scarseggia. Questo succede quando il tasso di ossidazione della materia organica provocato dai batteri tende a superare il rifornimento di ossigeno disciolto. Ora ci si può chiedere se i valori fissati come obiettivi per le concentrazioni di fosforo nelle acque dei nostri laghi, cioè 30 microgrammi per litro nel Ceresio e 10 microgrammi per litro nel Verbano, siano stati adeguati. Questi valori dovrebbero corrispondere per i due laghi allo stato desiderato, quello definito di mesotrofia. 

Il fatto è che quando questi limiti furono proposti dalla Commissione internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere (www.cipais.org) non si parlava ancora di cambiamenti climatici e di riscaldamento globale, cose che oggi sono un dato di fatto e che potrebbero aver limitato o influenzato le misure prese per il risanamento trofico delle acque. Per esempio si sa che se il lago si riscalda viene favorita la stratificazione delle acque mentre diminuisce l’ossigenazione delle acque superficiali e profonde. 

L’obiettivo resta sempre quello di garantire un buono stato chimico, ecologico, qualitativo e quantitativo della risorsa lago, con soddisfazione di tutti. In effetti parlando dei laghi, le possibilità sono diverse e non sempre ben conciliabili. C’è chi l’acqua del lago la vuole bere, chi la vede per scopi ricreativi, chi la vuole per pescare. Secondo gli esperti l’obiettivo scelto della mesotrofia è un obiettivo ragionevole che dovrebbe garantire tutti questi servizi. Un lago mesotrofico sarebbe limpido e quindi favorirebbe la balneazione, la navigazione, il turismo. Sarebbe comunque ancora leggermente grasso, come si dice, e quindi favorevole alla pesca. Dovrebbe anche essere in grado di garantire l’uso potabile delle acque. 

Già oggi il lago di Lugano in una sua parte fornisce il 19 per cento dell’acqua potabile distribuita. La popolazione aumenta e questo dato è destinato a crescere. Una ragione in più per tenere il lago sotto controllo e gestirlo bene. In generale guardando al lago come ecosistema e come risorsa bisogna porsi quesiti chiari e fornire risposte efficaci. 

Oggi le competenze appaiono troppo frammentate e si sente il bisogno di una maggiore interazione tra ricercatori, pubblica amministrazione e portatori d’interesse.  

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