Dall’Australia una nuova tecnica per rigenerare le barriere coralline
05. gennaio 2018
Corriere.it - In Australia è stata messa a punto una nuova tecnica che sembrerebbe in grado di rigenerare le barriere coralline. Applicato con successo in uno studio pilota della Southern Cross University, il metodo consiste nel trapianto in larga scala di milioni di larve di coralli in aree danneggiate. La nuova tecnica, secondo gli esperti, potrebbe cambiare la gestione dei sistemi corallini che — in gran parte del mondo — sono in sofferenza, a causa del riscaldamento globale e dell’inquinamento delle acque. In normali condizioni, una minima proporzione di larve finisce per insediarsi nei banchi corallini e raggiunge l’età di riproduzione. Piuttosto che affidare la fecondazione alle incertezze di correnti, venti e onde, le larve nate dalle uova e dallo sperma, sono state catturate.
Due anni di sbiancamento
La ricerca sui metodi di intervento nei processi naturali della Grande Barriera Corallina è stata intensificata dopo due anni consecutivi di massiccio https://www.scu.edu.au/featured-news-events/coral-sex-conceives-new-growth-for-the-great-barrier-reef.phpsbiancamento dei coralli, nel 2016 e 2017. Ciò che il gruppo di ricerca — guidato dal professor Peter Harrison — ha analizzato sono stati gli eventi riproduttivi di massa dei coralli, fenomeno che è stato messo in luce da Harrison stesso e colleghi negli anni Ottanta. La nuova tecnica sperimentata consiste nella cattura di milioni di uova e sperma dei minuscoli polipi che formano i coralli e che vengono affidati alle correnti in eventi riproduttivi di massa altamente prevedibili.
Il precedente nelle Filippine
Le larve nate dalle uova e dallo sperma sono state catturate e successivamente depositate nelle aree della Grande Barriera Corallina da rigenerare, coperte da una sorta di tendone fatto di tessuto a maglia di circa 100 metri quadrati. La nuova tecnica ha ripetuto i test di successo condotti sui banchi di coralli delle Filippine che erano stati danneggiati dalla pesca con esplosivi. Le rilevazioni fotografiche, nei giorni successivi, hanno mostrato che i polipi dei coralli erano riusciti a sopravvivere e insediarsi nel nuovo ambiente. Per Harrison, lo studio della riproduzione corallina «è una nuova maniera di guardare al problema ed è probabilmente la sola speranza per il futuro in termini di restaurazione su larga scala».