Accompagnate i pesci nella loro migrazione

28. settembre 2018

Lo sapevate che nel corso della loro vita i pesci percorrono più di 10 000 chilometri? D’accordo, le anguille sono dei veri e propri maratoneti, ma migrare è una cosa naturale per i pesci. Sovente, il loro viaggio si interrompe bruscamente, perché vengono pescati, divorati dai predatori oppure triturati nelle turbine di una centrale idroelettrica. La libera circolazione dei pesci, la cosiddetta migrazione, deve essere ripristinata all’altezza degli impianti idroelettrici in Svizzera entro il 2030. Ma qual è la situazione attuale? Un’anguilla vi accompagna in questo viaggio.

UFAM - Nel corso della loro vita, tutte le specie di pesci necessitano di diversi habitat. Le migrazioni più note sono quelle per deporre le uova. Tali peculiarità sono particolarmente evidenti nelle specie migratorie a lunga distanza come l’anguilla, la trota di lago o le specie già estinte in Svizzera, come il salmone, la trota di mare, la lampreda di fiume e l’alosa alosa.

Oltre a quelle per deporre le uova, i pesci intraprendono anche migrazioni allo scopo di alimentarsi, per accedere a nuovi habitat e per fuggire o evitare nemici naturali. Oltre all’anguilla, presentiamo altri due importanti pesci migratori delle nostre acque.

La migrazione: dall’Atlantico alla Svizzera e ritorno

Noi anguille non sfoggiamo colori cangianti. Viste più da vicino, i vantaggi del nostro modo di essere sono tuttavia evidenti: durante la nostra vita cambiamo più volte colore e forma. Il nostro corpo duro e serpentiforme si trova a suo agio sia nell’acqua salata che in quella dolce e per brevi tratti ci consente di spostarci anche sulla terraferma. Con il nostro olfatto riusciamo a riconoscere l’acqua ben prima che appaia dietro la prossima collina.

Gli uomini hanno scoperto da poco il segreto della nostra migrazione e riproduzione. Finora, l’assenza di uova e di larve in Europa era rimasta a lungo un mistero.

Non nasciamo in Europa ma nel Mare dei Sargassi, in mezzo all’Atlantico, non lontano dal triangolo delle Bermude. Ancora sotto forma di larve attraversiamo per la prima volta l’Atlantico. Giunte sulle coste europee ci trasformiamo in un piccolo pesce quasi trasparente, che chiamate ceca. In seguito risaliamo i corsi d’acqua interni d’Europa. Trascorriamo la gioventù nelle acque dolci, ad esempio nel Reno e nei suoi affluenti. Il nostro corpo cresce, diventa più scuro, duro e robusto. Il ventre assume un colore giallognolo, ragione per cui ci chiamate ora anguille gialle.

Non appena siamo sessualmente mature, il nostro istinto ci fa tornare nel luogo in cui siamo nate. Sotto forma di anguille argentee percorriamo in un anno oltre 5000 chilometri. Di tanto in tanto nuotiamo a una profondità di 1000 metri, anche risalendo la corrente del Golfo. Il viaggio è pericoloso e solo poche raggiungono i luoghi di riproduzione e riescono effettivamente a deporre le uova. Più tardi vi illustrerò le difficoltà che incontriamo nelle acque svizzere. 

Ostacoli lungo il percorso

Nonostante la nostra capacità di adattamento e la nostra resistenza, noi anguille siamo minacciate di estinzione nel mondo intero. Oltre che della pesca nella zona della foce, siamo preoccupate dallo stato dei nostri habitat, in particolare a causa dell’inquinamento delle acque e delle numerose centrali ubicate nelle acque europee interne.

Gran parte dei corsi d’acqua svizzeri sono arginati. Molte strutture trasversali costruite dall’uomo impediscono la migrazione dei pesci, ad esempio dighe, sbarramenti, soglie, rampe, nonché prelievi e ritorni d’acqua, che generano deflussi artificiali (deflussi residui, deflussi discontinui). L’assenza di aiuti che consentano ai pesci di superare questi ostacoli può avere gravi ripercussioni sulle riserve ittiche. Le popolazioni isolate sono a rischio di estinzione. Nei periodi di canicola, tali strutture impediscono la fuga dei pesci per rifugiarsi in zone con acqua più fresca, un grave problema soprattutto per la trota e il temolo.

Circolazione dei pesci

Aiuti per la migrazione dei pesci consentono la risalita

 

Per risalire i fiumi ci orientiamo in base alla corrente, che evitiamo poiché nuotiamo molto vicino al  fondo, di preferenza a lato della corrente principale. È molto meno faticoso. Se un ostacolo ci sbarra la strada cerchiamo un percorso alternativo. Per fortuna, in Svizzera sono già state costruite numerose scale per pesci che ci consentono di superare, risalendo le acque, l’ostacolo rappresentato dalle centrali. Tuttavia, non tutte le barriere dispongono di questi aiuti. 

Le turbine minacciano la discesa dei pesci

 

Per tornare verso il mare ci lasciamo trasportare dalla corrente principale e finiamo sovente direttamente nelle turbine di una centrale. Le possibilità di sopravvivenza di noi anguille è minima, a causa del nostro corpo allungato. Per percorrere senza danni i fiumi, nelle vicinanze delle centrali abbiamo bisogno di soluzioni ottimali che ci  consentano di superarle e di sopravvivere. 

Maggiore rispetto alla risalita è la necessità d’intervento per la discesa dei pesci: le specie ittiche devono essere protette dalle turbine e hanno quindi bisogno di un percorso che consenta loro di superare senza danni lo sbarramento. Dalle prime esperienze acquisite con progetti relativi alle piccole centrali idroelettriche si evince che griglie fini proteggono i pesci e un cosiddetto canale by-pass permette ai pesci di raggiungere le acque profonde a valle delle turbine.

 

Negli ultimi anni sono stati condotti alcuni studi presso centrali elettriche di medie e grandi dimensioni, ma senza ottenere soluzioni soddisfacenti. Con la gestione delle turbine adattata ai periodi di migrazione, la situazione dei pesci può essere temporaneamente migliorata. Con i detentori delle centrali elettriche sul fiume Aar sono stati avviati due progetti pilota. Il Politecnico di Zurigo partecipa con i suoi progetti di ricerca anche all’Istituto di ricerca per l’ingegneria idraulica, l’idrologia e la glaciologia (VAW). Questi progetti sono integrati nell’ulteriore sviluppo della tecnologia e nella ricerca sul comportamento dei pesci nelle centrali idroelettriche di tutto il mondo. 

Centrali idroelettriche svizzere: a che punto siamo?

La libera circolazione dei pesci deve essere ripristinata presso un migliaio di centrali idroelettriche entro il 2030. Nello stesso periodo, il bilancio del materiale solido di fondo deve essere riattivato con misure tecniche e gli effetti negativi dei deflussi discontinui devono essere eliminati. L’obiettivo è ambizioso e il modo per raggiungerlo dispendioso. L’attuazione richiede
la collaborazione tra i diversi attori, dai detentori di centrali e dagli uffici di pianificazione alle associazioni, ai Comuni, ai Cantoni e alla Confederazione, e richiede finanziamenti adeguati. Finora, un quarto circa degli ostacoli alla libera circolazione dei pesci è stato eliminato e le prime implementazioni sono già state completate.

Il potenziamento dell’energia idroelettrica nell’ambito dell’attuazione della Strategia energetica 2050 deve garantire un equilibrio tra produzione energetica ed ecologia. I nuovi impianti devono in ogni caso garantire la libera circolazione dei pesci conformemente allo stato più recente della tecnica.

 

La rinaturazione delle acque svizzere e il ripristino della libera circolazione dei pesci non va solo a beneficio delle specie ittiche. Le acque prossime allo stato naturale sono anche zone di svago apprezzate per trascorrere momenti di tranquillità, fare il bagno o gite. Gli habitat naturali e interconnessi sono la base per una ricca diversità biologica, di cui beneficiano tutti gli esseri viventi e quindi anche noi esseri umani. 

 

Qui potete trovare l'articolo originale dell'UFAM.

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