Troppe piante invasive e pesci rossi nello stagno del Paü
17. settembre 2020
Di Daniela Carugati, LaRegione
Per Coldrerio è un piccolo gioiello naturalistico. Il Parco del Paü, a due passi dal 'cuore' del paese, non solo è stato fortemente voluto, ma da ormai dieci anni rappresenta un motivo di orgoglio per Comune e popolazione. All'epoca a dare una mano era intervenuto puree il Fondo svizzero del paesaggio. Sarà per troppo affetto, sta di fatto, che gli abitanti hanno immesso nello stagno comunale quello che è a tutti gli effetti un 'intruso': il pesce rosso. Che si è moltiplicato (e più del previsto) modificando l'equilibrio delicato del biotopo. Tant'è che, come già successo un paio di anni fa, il Carassius auratus dovrà essere catturato e portato in un habitat più idoneo al suo sguazzare quotidiano. Il problema, del resto, è meno banale di quanto si possa pensare. In effetti il capo dicastero Ambiente Matteo Muschietti si è visto costretto a far sua una raccomandazione da rivolgere ai propri concittadini. «Tutti dobbiamo avere cura del Parco e del biotopo. Quindi - spiega a 'laRegione' - torno a lanciare un caldo appello a tutta la popolazione di Coldrerio. Quello di non immettere pesci rossi nello stagno».
Troppi canneti e ninfee: occorre intervenire
D'altro canto, poter vantare un prezioso «polmone verde sull'uscio di casa - ricorda ancora Muschietti - è una cosa grande». In questo caso il parco, situato in una zona d'interesse archeologico 'torbiera', è stato pensato come luogo di ritrovo e area di svago per la popolazione. Per altre realtà urbane è persino un lusso, che non si possono permettere. Chi, invece, ne può approfittare deve anche farsene carico. Ecco perché a Coldrerio ci si sta preparando a ripulire il Parco (e in particolare il biotopo). I lavori, ci conferma il capo dicastero, prenderanno il via in questi giorni. Interventi che si sommano alla consueta gestione annuale dell'area realizzata durante l'inverno. A certificare la necessità dell'operazione è d'altro canto un consulente, un biologo, interpellato dall'autorità locale e che a fine agosto ha effettuato un sopralluogo sul campo. Il verdetto? Oggi si impongono delle azioni straordinarie. Del resto, la vegetazione presente all'interno dello stagno ha preso piede più del dovuto.
A espandersi in modo particolare, rubando non poco spazio allo specchio d'acqua, sono stati i canneti, mentre i depositi organici sul fondale hanno creato l'habitat ideale per la proliferazione delle ninfee. Sia chiaro, come ribadito dal biologo, tutto questo è espressione di un fenomeno naturale: uno stagno, come si è spiegato nel rapporto di lavoro, con il tempo "tende a chiudersi e a evolvere verso una palude". Di conseguenza occorre intervenire. Ed è quello che si sta per fare, consapevoli, come annota il capo dicastero, che i lavori non comporteranno nessun disagio per la fauna e l'habitat del biotopo.
Il piano d'azione
Così in questi giorni gli addetti procederanno, sul lato destro, con lo sfalcio della Cannuccia di palude e la Lisca maggiore e altresì di alcune ninfee, con l'obiettivo di ridurre la colonizzazione di piante acquatiche. Agendo in questo periodo poi si riuscirà a indebolire queste presenze invasive. Per ottenere dei riscontri, in ogni caso, il consiglio dell'esperto è di ripetere questo tipo di gestione dell'oasi per alcuni anni, ben sapendo di operare in un ambiente sensibile. Ciò non deve impedire di intervenire anche in modo più incisivo laddove è indispensabile. È il caso della parte sinistra dello stagno, dove la situazione, si motiva, si mostra più problematica. In quell'area si è valutato, quindi, di utilizzare dei mezzi meccanici per estirpare i canneti su una superficie di circa 400 metri quadrati. Al contempo verranno dragati i sedimenti di materiali organici - da depositare in una discarica autorizzata - per contenere l'avanzata delle ninfee. Operazione che sarà compensata apportando ghiaia e ciotoli per aiutare a contenere il moltiplicarsi della vegetazione.