Quando il cane chiede scusa è perché ha imparato dal lupo
21. aprile 2017
Repubblica.it- Chi non ha mai visto un cane assumere la tipica espressione di colpevolezza, così celebre da essere ormai definita proverbialmente "faccia da cane bastonato"? Spesso, infatti, il migliore amico dell’uomo china la testa e rende languido il suo sguardo, cercando di impietosire il proprio padrone, magari dopo essere stato sgridato per aver distrutto l’arredamento o aver sporcato la casa. Ora la scienza ci spiega anche le motivazioni di questo comportamento così caratteristico, grazie ad una ricerca del biologo Nathan Lents. Lo studioso ha esposto il suo lavoro in un libro (Not So Different: Finding Human Nature in Animals) e lo ha raccontato anche in un articolo pubblicato su Psychology Today, evidenziando come l'atteggiamento del migliore amico dell’uomo risalga ad un lontano passato. Inoltre, lo ha definito una vera e propria tecnica di sopravvivenza.
Secondo Lents, infatti, la sguardo pietoso faceva parte del cane ancora prima che venisse addomesticato dall’uomo. Perché anche i lupi possiedono una postura simile, denominata apology bow, in cui è evidente un abbassamento della testa, utile ad evitare il contatto visivo, e la coda tra le gambe. In questo stato di palese sottomissione, si presentano ai loro simili tutte quelle volte che sanno di aver commesso un errore. Anche in una circostanza che può apparire banale (ma che in realtà non lo è), come mordere con troppa foga un proprio compagno durante un semplice gioco. Il lupo, in sostanza, chiede scusa per il suo sbaglio e cerca di evitare un allontanamento dal branco.
Un'espulsione che l’animale tenta di scongiurare in ogni modo perché potrebbe costargli la vita, dal momento che le probabilità di salvezza sono strettamente associate al reciproco aiuto tra i vari membri del gruppo. In altre parole, si tratterebbe di un meccanismo maturato nel corso dell’evoluzione, che il lupo ha sviluppato grazie ad un sano istinto di conservazione e che risulta legato alla sua natura di animale sociale.
Di conseguenza, i cani che ora vivono stabilmente nelle case di milioni di persone non farebbero altro che riprodurre un antico gesto adatto ad indicare sottomissione. In questo caso non nei confronti di un simile che ricopre un ruolo di maggior rilievo all’interno della scala gerarchica (quelli che occupano una posizione di potere non lo eseguono mai!), ma proprio nei confronti dell’uomo, che per il cane da molto tempo è ormai l’esemplare dominante da non contrariare.
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