Più serenità per gli animali selvatici

14. marzo 2019

In consultazione il progetto cantonale delle «Zone di tranquillità» riservate a mammiferi e uccelli

Azione.ch - Chi è stato di recente nei boschi della Svizzera tedesca avrà forse già avuto modo d’incontrare dei cartelli d’avviso «Wildruhezone», che stanno a indicare le zone di tranquillità. Sono già state allestite in una quindicina di cantoni che hanno fatto capo a questa possibilità istituendo in forme diverse una o più zone di quiete, con carattere vincolante o in forma di raccomandazione.

Aree che presto dovrebbero apparire anche in Ticino, dato che il Dipartimento del territorio ha posto in consultazione (fino al 30 aprile 2019) il progetto cantonale. In esame sono 43 zone in cui si potrebbe in seguito ritrovare alcuni dei vincoli attualmente già in vigore nelle due bandite federali ticinesi (Campo Tencia e Greina) dove, secondo l’articolo 5 dell’ordinanza sulle bandite (OBAF), vigono restrizioni per alcune attività legate al tempo libero. 

L’intento è di favorire la fauna, soprattutto mammiferi e uccelli, grazie alle regolamentazioni formulate dal Gruppo di lavoro incaricato dal Consiglio di Stato. Nelle 45 zone di tranquillità designate (le due bandite federali esistenti più i 43 «nuovi» settori), le misure di protezione vanno dall’obbligo di rimanere sui sentieri e di tenere i cani al guinzaglio, al divieto d’accesso per un periodo variabile tra i due e i cinque mesi. Altre limitazioni comportano la proibizione di sorvolo, il divieto di arrampicata o di nuove vie di scalate oppure il veto d’accesso con i cani. In ognuna delle nuove zone prescelte, che variano molto per dimensione e coprono complessivamente circa 6600 ettari di territorio, sono state in generale stabilite al massimo due norme (ma di regola una sola); rimangono in ogni caso ammessi interventi quali la gestione agricola o forestale, la manutenzione di biotopi oppure azioni di salvataggio. L’Ufficio della caccia e della pesca è inoltre competente per rilasciare eventuali autorizzazioni eccezionali in casi di comprovato interesse pubblico, fissandone termini e condizioni.

Solamente in cinque zone di tranquillità si prevedono limitazioni permanenti, come al Ponte faunistico di Sigirino dove si propone un divieto annuale d’accesso ai cani, mentre per le altre si prevedono unicamente delle restrizioni in determinate fasi dell’anno, in corrispondenza per esempio dei mesi invernali, dei periodi di bramito del cervo, di nidificazione o di riproduzione delle varie specie, alle quali si vuole garantire maggiore serenità in momenti delicati della loro vita. 

Le misure ideate nei vari spazi sono mirate principalmente alla selvaggina, con 34 zone, mentre otto sono dedicate all’avifauna rupicola, che s’intrattiene sui roccioni durante il riposo e il corteggiamento. A Cresciano, infine, una zona è consacrata agli uccelli di greto, come il corriere piccolo e il piro piro piccolo, che depongono le uova negli alvei dei fiumi.

A trarne i maggiori benefici, secondo logica, dovrebbero quindi essere gli animali. Ma da dove arriva questa necessità di una maggiore tutela della quiete in ambito selvatico? Risponde Andrea Stampanoni, collaboratore tecnico presso l’Ufficio caccia e pesca del Cantone e segretario del Gruppo di lavoro: «Negli ultimi decenni è aumentato il numero di persone che praticano attività all’aria aperto e si sono moltiplicate e diversificate le possibilità di farlo. Questo da un certo punto di vista è molto positivo, ma lo è purtroppo meno per i mammiferi e gli uccelli selvatici che, se infastiditi all’interno dei loro habitat, a dipendenza dell’intensità del disturbo e del periodo dell’anno, possono subire conseguenze negative con possibili ripercussioni anche sull’ambiente in cui vivono».

Diversi i tipi di conseguenze e di ripercussioni che si vogliono evitare: «Faccio alcuni esempi: il disturbo di ungulati nelle zone di svernamento, causato per esempio dalla pratica dello sci fuori pista, provoca la fuga degli animali e quindi un consumo di energia maggiore in un periodo dell’anno (quello invernale) in cui la disponibilità di cibo è ridotta. Questo può comportare nei peggiori dei casi la morte per sfinimento. Nello stesso tempo a soffrirne è anche l’ambiente naturale: gli animali sono, infatti, obbligati a compensare il consumo d’energia nutrendosi con i germogli dei giovani alberelli, mettendo a rischio il ringiovanimento del bosco con conseguenze negative a medio lungo termine per quello di protezione. Un altro semplice esempio è il disturbo che gli arrampicatori possono arrecare a uccelli rupicoli durante il periodo di cova, provocando in casi estremi l’abbandono del nido».

Secondo la legge, l’istituzione di zone di tranquillità deve portare vantaggi, oltre che alla selvaggina, anche ad altre specie prioritarie dal punto di vista protezionistico e per le quali il disturbo antropico (dell’uomo) rappresenta un fattore di minaccia notevole. Le specie prese in considerazione sono quindi state una ventina, tra cui per esempio anche coturnice, gufo reale, falco pellegrino, picchio muraiolo, passero solitario, rondone maggiore oppure, come visto, piro piro piccolo o corriere piccolo. Importante dunque, la scelta delle zone di tranquillità così individuate, come spiega Andrea Stampanoni: «Per arrivare al documento in consultazione, il Gruppo di lavoro si è avvalso del supporto dello Studio di consulenze ambientali e perizie faunistiche Maddalena e Associati di Gordevio, con il quale sono stati considerati diversi dati per potere disporre per l’intero Ticino di una visione completa delle interazioni tra le specie considerate e i disturbi antropici».

In concreto, la selezione è stata fatta «grazie soprattutto ai dati scaturiti dalle osservazioni sul terreno dei guardiacaccia, quali l’attività e la presenza delle varie specie, come fagiano di monte, pernice bianca, francolino di monte, lepre bianca o lepre comune. Sono inoltre state considerate le zone di svernamento ritenute importanti per cervo, camoscio e capriolo, così come le zone rupicole (rocce ripide e scoscese) e golenali d’interesse ornitologico. Dati che sono stati affiancati alla collocazione delle infrastrutture turistiche, capanne, rifugi, alpeggi, sentieri o vie d’arrampicata, ma anche ai danni da ungulati al bosco e alle superfici agricole».

Un’analisi approfondita che ha pure considerato le zone di protezione, le riserve forestali esistenti o in progettazione e che nel corso di quasi tre anni ha portato il Gruppo di lavoro a elaborare una mappa delle zone di tranquillità più importanti per le specie considerate. Dopo il periodo di consultazione, le zone di tranquillità potrebbero essere allestite già nel corso del 2019. 

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