Nuove radure sul Poncione di Arzo per la biodiversità

01. dicembre 2016

Al via i lavori promossi dalla Società Cacciatori del Mendrisiotto

ARZO - In Ticino con l’abbandono dell’agricoltura tradizionale ed il conseguente avanzamento del bosco gli habitat per numerose specie animali e vegetali legate agli spazi aperti sono diminuiti drasticamente. Questo fenomeno non ha risparmiato le pendici del Poncione di Arzo, caratterizzate in passato da ampie superfici con pascoli e prati ed oggi fagocitate dal ritorno del bosco.

Nel 2012, la Società Cacciatori del Mendrisiotto (SCM) con l’intento di coordinare al meglio gli sforzi profusi durante le attività di volontariato si è appoggiata allo studio Oikos 2000 - Consulenza e ingegneria ambientale Sagl di Monte Carasso, al fine di elaborare un progetto comprensoriale per tutta l’area del Poncione di Arzo, territorio dove la SCM è attiva da un ventennio.

Lo studio, realizzato con la collaborazione dell’Ufficio forestale del VI circondario e sostenuto finanziariamente dalla Sezione dello sviluppo territoriale (per il tramite dell’Ufficio della natura e del paesaggio), ha avuto come obiettivo principale la salvaguardia della biodiversità. Sono stati individuati i settori prioritari e sono stati pianificati nel tempo gli interventi finalizzati alla valorizzazione ed al recupero di habitat per la conservazione di specie faunistiche prioritarie, come la lepre comune e la beccaccia. Il progetto non si è limitato a proporre interventi mirati al solo interesse venatorio, ma attraverso lavori semplici come il recupero di radure, la riconversione di superfici originariamente semiaperte, la creazione di boschi luminosi e la valorizzazione delle fasce di transizione tra i boschi e gli spazi aperti, intende favorire al contempo altre specie animali e vegetali con esigenze ecologiche analoghe. È il caso del gladiolo piemontese (Gladiolus imbricatus), un’appariscente fiore fortemente minacciato e presente in Svizzera solamente in poche zone del Sottoceneri, tra cui il Poncione d’Arzo. Questa specie, legata ad una gestione tradizionale del territorio, soffre particolarmente l’agricoltura intensiva, l’incespugliamento e la concorrenza di altre specie come la felce aquilina. 

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