Luce verde del parlamento alla svolta energetica
20. settembre 2016
Swissinfo.ch - Ci sono voluti due anni di dibattiti, ma alla fine il primo pacchetto della strategia energetica 2050 - un cospicuo dossier che prevede la revisione della legge sull’energia e di altre leggi federali - ha convinto la maggioranza delle due camere del parlamento. Dopo la Camera del Popolo (o Consiglio nazionale) la settimana scorsa, lunedì la Camera dei Cantoni (o Consiglio degli Stati) ha eliminato le ultime divergenze, gettando le basi di una svolta epocale nella politica energetica della Svizzera.
Elaborata all’indomani della catastrofe nucleare di Fukushima nel 2011, la strategia energetica prevede in particolare la chiusura graduale dei cinque impianti nucleari del paese, lo sviluppo delle energie rinnovabili (vento, sole, acqua e rifiuti), la riduzione dei consumi energetici e il rinnovo delle reti elettriche.
Centrali nucleari
Come preconizzato dal governo, il parlamento è favorevole all’abbandono del nucleare. Ma contrariamente a un’iniziativa popolare dei Verdi, che chiede di disattivare le centrali esistenti dopo 45 anni di attività, le due camere prediligono un’uscita dall’atomo a tappe, senza fissare dei limiti. Secondo la maggioranza di destra della Camera del Popolo, chiudere impianti funzionanti e sicuri è per ora inutile e prematuro.
L’unico destino già segnato è quello della centrale di Mühleberg, a pochi chilometri da Berna, in esercizio dal 1972: l’azienda che la gestisce, la Società elettrica bernese BKW, ha infatti annunciato alcuni mesi fa che l’impianto - non più redditizio - verrà disattivato nel 2019.
Energie rinnovabili
Per sopperire al nucleare, la produzione di energia da fonti rinnovabili (senza la forza idrica) dovrà raggiungere almeno 11'400 gigawatt (GW) entro il 2035, contro i 3'000 GW attuali. I due rami del parlamento hanno quindi rivisto al ribasso l’obiettivo di 14'500 GW proposto dal governo.
La cautela auspicata dalla destra ha prevalso sulle ambizioni della minoranza rosso-verde, la quale chiedeva un obiettivo più elevato per favorire la sicurezza dell’approvvigionamento. «Si tratta di fissare obiettivi ragionevoli e raggiungibili poiché queste gigawatt bisogna ancora produrle», aveva affermato la settimana scorsa il deputato liberale radicale Christian Wasserfallen.
Anche in futuro, la Svizzera continuerà a promuovere le energie rinnovabili attraverso la rimunerazione a copertura dei costi per l’immissione in rete di energia elettrica (RIC). Lo strumento introdotto nel 2009, che consente ai produttori di energia verde di immettere corrente nella rete a un prezzo superiore a quello di mercato, è finanziato con la tassa applicata al consumo di elettricità. Attualmente di 1,5 centesimi per kilowattora (kWh), questa tassa d’incentivazione aumenterà gradualmente fino a 2,3 centesimi.
Centrali idroelettriche
La svolta energetica passa anche dalla forza idrica, che oggi fornisce circa il 55% dell’elettricità prodotta in Svizzera. Le grandi centrali idroelettriche sono però in difficoltà a causa della diminuzione del prezzo della corrente: oggigiorno, i costi di produzione superano quelli di mercato.
Nel quadro della strategia energetica, il parlamento ha così deciso di sostenere i grandi impianti (oltre 10 MW di potenza) versando loro 1 centesimo per kWh, per al massimo sei anni. Vana l’opposizione della destra, secondo cui questo aiuto sarebbe inutile.
Rinnovabili e paesaggio
La destra è invece riuscita a far prevalere lo sviluppo delle fonti rinnovabili sulla protezione dell’ambiente.
In futuro, la costruzione di centrali idroelettriche o di parchi eolici di interesse nazionale verrà favorita anche nelle zone protette. In questo modo, il parlamento intende ridurre le possibilità di ricorso da parte di associazioni ambientaliste e a difesa del paesaggio.
Consumi ed efficienza energetica
I parlamentari hanno infine concordato che entro il 2035 il consumo medio di energia pro capite dovrà ridursi del 43% rispetto al 2000. Il consumo di elettricità dovrà invece diminuire del 13%.
Per raggiungere quest’obiettivo, il fondo destinato al risanamento degli edifici - finanziato dalla tassa sul CO2 applicata ai combustibili fossili - passerà da 300 a 450 milioni di franchi.
Ultima parola al popolo?
Affermare che la Svizzera si è definitivamente avviata sul cammino della svolta energetica è tuttavia prematuro. La prima fase della strategia energetica - che dovrebbe entrare in vigore nel 2018 - deve dapprima essere accolta in votazione finale nell’ultimo giorno della sessione autunnale (30 settembre). Sebbene si tratti spesso di una formalità, la votazione potrebbe riservare qualche sorpresa, avvertono gli osservatori
In secondo luogo, le discussioni potrebbero ripartire nel caso venga lanciato un referendum. Sul suo sito, la piccola organizzazione Alleanza Energia ha già annunciato l’intenzione di impugnare questo strumento della democrazia diretta. La raccolta delle firme, si legge, dovrebbe iniziare in ottobre.
Molto dipenderà però dal sostegno (o meno) dei grandi partiti di destra quali l’Unione democratica di centro o il Partito liberale radicale, che a loro volta dicono di voler attendere la reazione del mondo economico. In caso di referendum, il popolo svizzero verrebbe chiamato alle urne verosimilmente nel 2017.
Di certo c’è che il dossier sul futuro energetico della Svizzera è lungi dall’essere liquidato. Dalla prossima sessione, le camere dibatteranno sulla seconda fase della strategia energetica, che prevede una riforma per tassare chi inquina e chi consuma di più.