Il futuro energetico della Svizzera si decide alle urne
11. aprile 2017
La Svizzera vuole porre fine all’era atomica. Una decisione presa dall’esecutivo federale nel 2011, poche settimane dopo l’incidente di Fukushima. Il governo ha per questo elaborato la Strategia energetica 2050 (SE 2050Link esterno), un vasto progetto che getta le basi per una profonda trasformazione del sistema energetico elvetico.
Oltre alla graduale chiusura delle cinque centrali nucleari del paese, che verranno disattivate al termine del loro ciclo di vita, la SE 2050 prevede in particolare la promozione delle energie rinnovabili e l’aumento dell’efficienza energetica. Scopo del governo è garantire un approvvigionamento energetico sicuro e diminuire la dipendenza dalle energie fossili importate.
Sebbene gli obiettivi iniziali del governo siano stati rivisti al ribasso, il primo pacchetto di misure della SE 2050 è stato accettato dal parlamento, dove le ambizioni del campo rosso-verde hanno prevalso sui timori e le reticenze della destra.
La nuova legge federale sull’energia, adottata dopo due anni di dibatti, sancisce tra l’altro il divieto di costruire nuove centrali atomiche e fissa valori di riferimento per la promozione delle “nuove” rinnovabili (vento, sole, biomassa,…). Prevede anche un sostegno al settore idroelettrico, uno dei pilastri del sistema energetico svizzero, attualmente sotto pressione, e una riduzione dei consumi energetici di edifici, veicoli a motore e apparecchi elettrici.
Opposta sin dall’inizio a questa svolta epocale, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) ha lanciato con successo un referendum contro la nuova legge. Sostenuta dall’Alleanza Energia e da alcune associazioni ombrello del mondo economico e industriale, l’UDC ha raccolto oltre 68'000 firme (ne bastavano 50'000). Il 21 maggio toccherà quindi all’elettorato decidere la futura politica energetica della Svizzera.
Abbandono dell’atomo, un’opportunità per la Svizzera
«Nel settore dell’energia è in atto una completa mutazione a livello mondiale, favorita da prezzi bassi e dallo sviluppo di nuove tecnologie», ha detto la ministra dell’energia Doris Leuthard, lanciando la campagna governativa in favore della SE 2050. Con la revisione della legge, ha affermato, governo e parlamento intendono reagire per garantire anche in futuro un approvvigionamento sicuro alla Svizzera, creando al contempo posti di lavoro e proteggendo il clima.
«Si tratta di una grossa opportunità per il nostro paese», le fa eco Stefan Batzli, direttore dell’Agenzia per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, che fa parte di un raggruppamentoLink esterno a sostegno della SE 2050. «La nostra infrastruttura energetica è sempre più vecchia e soggetta a malfunzionamenti, come abbiamo visto con il reattore di Beznau I, fermo da due anni. Dobbiamo quindi modernizzare. Per i prossimi 10-20 anni disporremo ancora di energia nucleare e in questo intervallo di tempo abbiamo la possibilità di sostituire l’atomo con le rinnovabili. Non si tratta di una rivoluzione, ma di un processo che è già iniziato», dice a swissinfo.ch.
Nel corso dei dibattiti parlamentari, la deputata ecologista Adèle Thorens Goumaz ha da parte sua affermato che «le aziende e i privati vogliono partecipare alla transizione verso un approvvigionamento energetico locale, sicuro e pulito. Lo testimonia la lunga lista di progetti in attesa di un sostegno finanziario nel quadro della rimunerazione a copertura dei costi per l’immissione in rete di elettricitàLink esterno, la cui produzione aggiuntiva corrisponderebbe a quelle delle nostre tre centrali atomiche più vecchie».
Per finanziare le rinnovabili, le economie domestiche saranno chiamate a pagare di più per l’elettricità. L’incremento previsto per il supplemento di rete passerà da 1,5 a 2,3 centesimi per kWh. Per una famiglia di quattro persone, ciò si tradurrà in un aumento della fattura elettrica di circa 40 franchi all’anno, ha indicato Doris Leuthard. Una stima che ha però fatto sobbalzare gli oppositori alla SE 2050, che parlano di «una spudorata menzogna per ingannare il popolo».
E quando il sole non splende?
Albert Rösti, presidente dell’UDC e dell’Azione per una politica energetica ragionevole, un gruppo favorevole all’atomo, sostiene che il dimezzamento del consumo di energia sarà «estremamente costoso».
Bisognerà ad esempio rimpiazzare tutti i riscaldamenti a olio esistenti, presenti in un edificio su due in Svizzera, dimezzare il numero di km percorso dai veicoli a motore e imporre misure drastiche a livello di immobili e imprese, osserva Rösti. Secondo un comitato contrario alla SE 2050Link esterno, la svolta costerà 200 miliardi di franchi, ovvero 3'200 franchi l’anno per una famiglia di quattro persone (una stima che Leuthard definisce a sua volta «sbagliata»).
Al di là delle cifre, è la garanzia dell’approvvigionamento a inquietare maggiormente chi combatte la SE 2050. In un futuro prossimo, temono, le rinnovabili non permetteranno di produrre energia in quantità sufficiente, in maniera affidabile e a prezzi vantaggiosi. «Dovremo importare più elettricità, soprattutto nei mesi invernali, e diventeremo ancora più dipendenti dall’estero», dice Rösti, per il quale l’opzione del nucleare va mantenuta.
«Cosa succederà quando il sole non splenderà o il vento non soffierà?», s’interroga il deputato liberale radicale Christian Wasserfallen, tra i detrattori più convinti della SE 2050. Invece di sovvenzionare le rinnovabili e di introdurre ulteriori regolamentazioni e divieti nel settore dell’energia, sostiene il politico, bisognerebbe procedere alla completa liberalizzazione del mercato dell’elettricità.
Energie alle urne
Come già successo nel novembre 2016, la politica energetica della Svizzera sarà decisa alle urne. Sei mesi fa, l’elettorato ha respinto (con il 54,2% dei voti) un’iniziativa popolare che chiedeva di vietare la costruzione di nuove centrali atomiche e di limitare a 45 anni la durata di esercizio di quelle esistenti.
Fatto interessante: dall’analisi del votoLink esterno è emerso che tre votanti su quattro erano favorevoli a una Svizzera senz’atomo. Il 21 maggio dirà se questa maggioranza sostiene anche le modalità proposte da governo e parlamento.