Cercasi personale specializzato nel settore dell’ambiente
13. febbraio 2017
UFAM - Un’azienda specializzata nella vegetalizzazione di stabili vuole incrementare il suo organico, un’organizzazione non governativa cerca un ingegnere donna per un progetto di formazione in Perù, un Comune cerca un successore – anche in questo caso, donna – al responsabile della rete di distribuzione dell’acqua potabile, una PMI ha urgentemente bisogno di un’addetta al riciclaggio: basta dare uno sguardo agli annunci di lavoro nel settore dell’ambiente per accorgersi che gli specialisti del ramo sono molto ricercati. E che la domanda di quelli già qualificati non potrà che aumentare.
Un mercato in espansione
Secondo l’Ufficio federale di statistica, il settore ambientale classico (approvvigionamento idrico, risanamento, riciclaggio e gestione dei rifiuti) impiega oggi 18 300 persone, contro le 17 299 del 2012. Se però si considera l’economia ambientale nel suo insieme, il comparto acquista un peso specifico ben più consistente. Nella sua dimensione allargata esso ingloba in effetti rami d’attività che, pur non avendo come scopo primario quello di fornire prestazioni ecologiche, si impegnano comunque a rispettare norme e standard di produzione sostenibile riconosciute a livello nazionale. In un rapporto del 2014 sul personale qualificato nelle professioni del settore ambientale («Fachkräftebericht Umweltberufe 2014») si stima che siano 163 000 le persone occupate nel settore
ambientale in senso lato. Di queste, circa 530 000 (cfr. studio «Beschäftigung und Wertschöpfung des Cleantech-Bereichs in der Schweiz») sono impiegate nel mercato del cleantech: un comparto che con 48,6 miliardi di franchi di valore aggiunto lordo rappresentava nel 2013 circa l’8 per cento dell’economia nazionale. E che con tassi di crescita annua del 6,7 per cento (impiego) e del 6 per cento (valore aggiunto lordo) ha registrato tra il 2009 e il 2013 una crescita nettamente più forte dell’intera economia (impiego: + 3,5 %; valore aggiunto lordo: + 2,2 %).
L’offerta di formazione arranca
In fatto di reclutamento delle nuove leve il settore vive tuttavia una situazione paradossale: se è vero, e a dirlo sono diversi studi, che i giovani desiderano impegnarsi nello sfruttamento sostenibile delle risorse naturali o nella lotta contro i cambiamenti climatici, la loro scelta professionale finisce poi per rivolgersi altrove. Questo perché l’offerta specifica è limitata, specie nella formazione professionale di base: la parte dei posti di apprendistato nel settore ambientale classico è pari a solo lo 0,5 per cento del mercato (circa 250 professioni). Vi sono lacune anche nella formazione superiore: per le professioni ambientali non esiste alcun titolo professionale superiore riconosciuto a livello federale (nel settore energetico il diploma federale per consulente in energia ed efficienza è stato istituito da poco). E nelle scuole universitarie professionali mancano specializzazioni «verdi», soprattutto in settori come l’economia, l’agricoltura, i trasporti e il traffico: nel 2013 solo l’1,4 per cento di tutti i bachelor conseguiti riguardava l’ingegneria ambientale o le tecniche dell’energia e dell’ambiente. Secondo Ueli Bernhard, direttore di OdA Umwelt (Rete per le professioni ambientali), occorre dare un «migliore posizionamento» alle professioni ambientali e sferrare una vera e propria offensiva nel campo della formazione continua. Occorrono in particolare corsi che permettano anche ai professionisti già diplomati di acquisire le competenze ecologiche richieste. In assenza di offerta la gran parte di loro è nel frattempo costretta a formarsi sul campo. La mancanza di personale è flagrante soprattutto nel settore del riscaldamento. «Gli installatori che abbiamo oggi non bastano minimamente a cambiare tutti gli impianti che dovranno essere sostituiti nel quadro della transizione energetica.»
Aspra contesa sulle nuove leve
La Svizzera rischia di mancare di specialisti per raccogliere le sfide del futuro (cambiamento climatico, fondi pensione ecc.) anche in altri settori. E questa probabile scarsità sarà certamente aggravata dall’evoluzione demografica. Il rapporto sulle professioni ambientali prevede che di qui al 2020 avremo 17 000 apprendisti in meno a causa dell’invecchiamento della popolazione. Per vincere la concorrenza che si scatenerà attorno alle nuove leve occorrerà dunque promuovere le professioni ambientali e accrescerne la visibilità. Secondo Ueli Bernhard, tutta l’economia deve acquisire maggiori competenze verdi. E l’approccio deve dunque essere globale, poiché queste cosiddette «green skills» sono necessarie sia nell’industria che nell’agricoltura e nei servizi.
I policostruttori puntano sulla protezione del clima
L’esempio della policostruzione (tetti e facciate) mostra bene come le competenze ambientali possano essere integrate in una formazione professionale esistente. Indipendentemente dalla loro specializzazione tutti i professionisti del settore si occupano di isolazione degli edifici e imparano a posare pannelli solari. L’associazione di categoria ha evidentemente capito in che direzione punta il mercato e non esita a strizzar l’occhio alle nuove generazioni giocando la carta «verde»: i policostruttori, scrive orgogliosa sulla sua piattaforma di promozione edilsenso.ch, «creano anche giardini pensili sui tetti come superfici di compensazione ecologica e contribuiscono alla tutela ambientale grazie al montaggio di impianti solari».
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