Alpi prese d'assalto: «Il turismo di massa distrugge il territorio»
27. luglio 2020
Fonte ATS, elaborata da Giorgio Doninelli, Tio
La pandemia sta provocando un assalto alle Alpi e il turismo di massa rischia di distruggere la sua stessa essenza, il territorio, un fattore determinante per il benessere di ogni essere umano: è l'allarme lanciato da Raimund Rodewald, direttore della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (FP), che fra gli esempi in positivo cita invece una perla del Ticino: la Valle di Muggio.
«Il coronavirus ha fatto crescere il bisogno di spazi naturali, aree ricreative e di relax, nonché - di conseguenza - la sensibilità per queste regioni», afferma Rodewald in un'intervista pubblicata oggi dalla Neue Zürcher Zeitung. «Soprattutto le zone vicino alla città sono diventate molto popolari: questo dimostra quanto siano importanti. Tuttavia, sono insufficienti in termini di qualità e di spazio».
«Allo stesso tempo, i punti più interessanti della regione alpina vengono ora presi d'assalto: le ferrovie sono affollate, turismo di massa come non mai», si lamenta l'esperto. Questo fa dubitare che sia cambiato qualcosa nelle mentalità.
«L'industria del turismo sottolinea sempre che occorre preservare i posti di lavoro e guadagnare: così facendo però consuma il paesaggio», sostiene lo specialista da 28 anni alla testa della FP. La nuova funivia di Grindelwald, per esempio, dovrebbe portare un milione di turisti all'anno sullo Jungfraujoch, ma compromette la vista sulla parete nord dell'Eiger.
«Molto spesso manca la consapevolezza di preservare il bello. Turismo consapevole significa autentica esperienza individuale e non turismo di massa. L'era dell'arrivo in vetta da tutte le parti con funivie ad alte prestazioni dovrebbe essere finita. Dovremmo invece conservare i nostri paesaggi in modo che suscitino la nostra curiosità. L'esperienza più intensa in un luogo sconosciuto parte con il semplice, libero escursionismo. Il turismo alpino è troppo orientato verso le infrastrutture».
«L'industria del settore - prosegue Rodewald - deve pensare se la forma di turismo di massa praticata, cioè la concentrazione degli ospiti in singoli punti grazie ad attrazioni, sia la strada giusta da seguire». Per molto tempo si è creduto che fosse meglio per il paesaggio avere poche località turistiche altamente sviluppate, in modo da risparmiare altre aree, ma secondo l'esperto occorre abbandonare questo "mordi e fuggi".
«Dovremmo invece pensare a una migliore distribuzione e ad altre forme di ricreazione. Attraverso l'esperienza intensiva di paesaggi attraenti, quasi naturali o addirittura ricchi di edifici storici avviene qualcosa in noi esseri umani, anche nel sistema di valori. Grazie al coronavirus dovremmo imparare a valorizzare i paesaggi a portata di mano. Quando si sperimenta la qualità e ci si rende conto che è in pericolo si è portati a difenderla».
Secondo Rodewald il problema non è rappresentato dal numero assoluto delle persone che vivono in un territorio, bensì da come esso è usato per edifici, vie di comunicazione, infrastrutture, attività turistiche. «Sull'Altopiano la Svizzera è diventata brutta». Deve nascere una relazione con il paesaggio, anche un contatto fisico, quasi erotico: solo attraverso questo impatto emotivo è possibile far sì che venga maggiormente rispettato.
Il benessere degli esseri umani, la sensazione di felicità e la percezione di se stessi dipendono molto dalla qualità dell'ambiente. «Dalla neurobiologia e dalla psicologia sappiamo che l'uomo ha bisogno di paesaggi per sapere chi è. Forniscono una casa, creano identità e significato. Sono convinto che sia così per la maggior parte delle persone. Anche se molto è stato e viene ancora distrutto, sono fiducioso perché la consapevolezza dell'estetica sta crescendo nel pubblico».
La sfida è difficile. Rodewald dice per esempio di scervellarsi per capire come combinare i due opposti interessi della conservazione del paesaggio e della promozione delle energie rinnovabili. Un tema molto importante rimane anche quello degli edifici fuori dalle zone edificabili come i rustici. «Non vogliamo che il paesaggio diventi una parodia. Le trasformazioni dovrebbero essere possibili, ma l'autenticità, il significato funzionale degli edifici, il loro contenuto dovrebbe rimanere tangibile. Se non si ha un'idea intelligente per preservare il carattere degli edifici stabili, lasciarli andare in rovina può essere la soluzione migliore dal punto di vista ecologico e paesaggistico».
Quali sono allora i paesaggi elvetici ancora veramente belli? «Ve ne sono molti con cui ho un profondo rapporto personale», risponde Rodewald, che cita la Schönthal e la Riemenstaldnertal nel canton Svitto o la Val Monastero nei Grigioni. «Ma la quintessenza di un paesaggio bello e toccante è la Valle di Muggio, la valle più meridionale della Svizzera. Si trova nel punto d'incontro fra la regione alpina e quella mediterranea e offre un'enorme ricchezza di panorami, cultura architettonica, natura e persone che si impegnano per il loro paesaggio».